Il modello culturale dell’Evidence Based Medicine incoraggia i medici a basare le proprie decisioni sulle prove di efficacia per rendere le cure più appropriate, più sicure, migliori.
L’EBM nella pratica clinica
In una realtà assistenziale orientata all’EBM, le decisioni cliniche si basano su evidenze provenienti dalla ricerca scientifica.
Le strutture sanitarie devono supportare la diffusione delle nuove conoscenze dalla ricerca alla quotidianità del punto di cura, cioè “al letto del paziente”.
Incoraggiando i medici a ricorrere sistematicamente alle evidenze per prescrivere esami e scegliere trattamenti.
Un nuovo paradigma per la medicina
La nascita ufficiale dell’EBM risale al 4 novembre 1992, quando sulla rivista “JAMA” esce un articolo a firma dell’“Evidence-Based Medicine Working Group”.
Gli autori, tra cui David Sackett e Gordon Guyatt, affermano che tutte le decisioni cliniche devono fondarsi su prove quantitative derivanti da una ricerca di buona qualità.
Nasce un nuovo modo di concepire la pratica medica: intuizione ed esperienza non bastano più, o meglio valgono solo in parte per fondare l’appropriatezza delle cure mediche. I clinici devono essere in grado di valutare l’effetto dei trattamenti in base alla qualità metodologica degli studi che li hanno analizzati.
Knowledge translation
L’EBM offre ai medici gli strumenti per interpretare i dati della ricerca e per ricondurli al singolo paziente senza un eccessivo dispendio di tempo.
I clinici hanno poco tempo da dedicare all’aggiornamento e, di contro, la mole di sapere scientifico prodotta è imponente: ogni giorno nel mondo vengono pubblicati 75 report di studi clinici e 11 revisioni sistematiche, la banca dati MEDLINE indicizza decine di migliaia di RCT ogni anno, poi analizzati per l’inclusione in revisioni sistematiche della letteratura.
La proliferazione esponenziale del sapere, peraltro, non è sinonimo di miglioramento della rilevanza e qualità della ricerca, poiché i meccanismi di controllo sono spesso insufficienti.
Ma, soprattutto, non è detto che le evidenze scientifiche generate dalla ricerca arrivino a destinazione, cioè nel contesto in cui il medico prende le decisioni di natura clinica.
Ecco perché è indispensabile sviluppare strumenti di sintesi che agevolino la trasmissione del sapere dall’ambito ristretto della ricerca alla cerchia più ampia di chi ogni giorno è chiamato a decidere della salute dei pazienti.
Questo processo di trasmissione è detto «knowledge translation», letteralmente «traduzione della conoscenza».
La metodologia dell’EBM
L’EBM si fonda sul presupposto che sia possibile, e doveroso, da parte dei clinici e dell’intero sistema, basare le decisioni diagnostiche e terapeutiche sulla valutazione critica dei risultati della letteratura scientifica.
Ma non tutti gli studi clinici forniscono informazioni ugualmente affidabili, dunque, in sede di decisione clinica occorre assegnare un peso maggiore alle prove di efficacia in misura proporzionale alla robustezza della fonte che le ha prodotte. La visualizzazione più efficace di questa gerarchia delle conoscenze è la piramide delle evidenze, che posiziona al proprio vertice le prove sperimentali più affidabili e alla base quelle aneddotiche.
Al vertice della piramide si trovano le informazioni desunte da revisioni sistematiche che includono studi clinici controllati di buona qualità; la base della piramide è occupata, al contrario, dal parere degli esperti non supportato da studi empirici. Nelle posizioni intermedie si trovano gli studi di popolazione e gli studi osservazionali, nei quali la relazione tra l’intervento e l’effetto (o tra l’esposizione a un fattore di rischio e l’effetto) non è causale e le inferenze di associazione sono spesso esposte a errori sistematici.
Revisioni sistematiche
Le revisioni sistematiche (RS) sono il metodo principe tra quelli a disposizione dell’EBM. Produrre una revisione sistematica della letteratura scientifica significa raccogliere in modo il più esaustivo possibile tutta la ricerca condotta su un argomento, che sia esse pubblicata o meno. La letteratura deve essere valutata criticamente per vagliarne l’affidabilità, identificando eventuali distorsioni (bias) che possono compromettere la validità dei risultati riportati.
Le RS sono veri e propri progetti di ricerca, che costituiscono una ricognizione su un singolo argomento, pianificata secondo un percorso metodologico stringente e includono un’analisi della qualità metodologica e della rilevanza clinica degli studi.
Diversamente, le revisioni di natura narrativa rispondono a domande molto ampie e generiche, indagando il contesto clinico ed epidemiologico di una patologia, con la volontà di fornire una conoscenza di base sull’argomento.
Normalmente, le RS affrontano il tema dell’efficacia di un farmaco o di un intervento sanitario e sono utilizzate per sviluppare linee guida capaci di orientare le scelte dei professionisti sanitari; più in generale, forniscono a ricercatori, medici e pazienti una valida sintesi delle conoscenze sulla cura di patologie rilevanti e sulla relativa diagnosi.
Per ridurre al minimo i rischi di distorsione, in ogni fase del processo di elaborazione i revisori si avvalgono di una metodologia scientifica standardizzata.
Linee guida
Le linee guida sono documenti che riportano raccomandazioni di comportamento clinico-assistenziale e costituiscono lo strumento più diffuso per guidare le decisioni nella pratica clinica.
Vengono normalmente promosse da istituzioni o società scientifiche e preparate da gruppi multidisciplinari attraverso l’impiego di metodologie standardizzate sia nell’analisi della letteratura sia nella produzione delle raccomandazioni. Partendo dalla formulazione di uno o più quesiti clinici, gli esperti passano in rassegna le migliori e più aggiornate prove di efficacia, privilegiando quelle derivanti dalle revisioni sistematiche e sviluppano raccomandazioni specifiche. Le raccomandazioni sono il frutto di un processo consensuale, in cui il gruppo multidisciplinare raggiunge un accordo sulla qualità delle evidenze e sulla forza della raccomandazione.
Più in generale, le linee guida costituiscono documenti utili per la formazione continua e l’aggiornamento degli operatori sanitari. Nascono infatti per essere uno strumento volto a migliorare la qualità dell’assistenza e a scoraggiare l’uso di interventi inefficaci o pericolosi, a garanzia dell’adeguatezza delle cure. Sempre più medici e ricercatori concordano sulla necessità di utilizzare le linee guida basate sulle prove di efficacia per operare scelte consapevoli.
Oggi le linee guida vengono prodotte con frequenza crescente e a ogni livello, sia da parte di organi scientifici internazionali e nazionali sia, attraverso processi di adattamento, da singole strutture che agiscono a livello locale. Tuttavia, malgrado il loro uso sia entrato nella prassi medica, la qualità resta in molti casi lontana da standard ottimali, e in alcuni casi accettabili. Inoltre, i processi di produzione delle linee guida sono spesso oscuri: oltre al corretto utilizzo delle migliori evidenze scientifiche, è importante che il processo attraverso il quale i dati della letteratura vengono declinati in raccomandazioni finali sia descritto in modo accurato. La trasparenza del processo, e la possibilità di identificare il percorso che dall’evidenza ha condotto alla raccomandazione, consentono di apprezzarne l’adeguatezza. Anche nel caso in cui, per ipotesi, da una stessa prova di efficacia siano formulate raccomandazioni diverse, che trovano giustificazione in base al contesto per il quale sono erogate. Infine, è cruciale che al tavolo di definizione di una linea guida siedano tutte le figure interessante e coinvolte nelle decisioni in oggetto, non ultimi i pazienti e i cittadini target di un determinato intervento sanitario.
Esistono numerosi metodi, sviluppati a livello internazionale, per produrre raccomandazione linee guida: uno dei più utilizzati è il GRADE (Grading of Recommendations Assessment, Development and Evaluation, 11) sviluppato agli inizi degli anni 2000 da un gruppo di lavoro internazionale che ha unificato la molteplicità di sistemi di grading esistenti, conciliandone l’eterogeneità e favorendone l’applicabilità, offrendo una procedura guidata alla produzione di raccomandazioni cliniche. Si tratta di un metodo che accompagna il panel in ogni fase della preparazione della linea guida.
Il metodo GRADE è caratterizzato da una netta distinzione tra qualità delle prove di efficacia e forza delle raccomandazioni. In altre parole, definisce sia il grado di affidabilità della stima di beneficio/danno di un intervento (qualità della prova di efficacia), sia la misura in cui si ritiene che i benefici derivanti dal seguire la raccomandazione nella popolazione specifica del quesito clinico superino i danni (forza della raccomandazione).
Il metodo GRADE prevede un percorso esplicito a più fasi che devono essere rigorosamente seguite.